Oggi i malati di sclerosi laterale amiotrofica possono contare su un farmaco in più: l’edaravone. Questo permetterebbe di rallentare un po’ la degenerazione motoria causata dalla malattia. Un traguardo che in una patologia devastante come la Sla, che condanna chi ne soffre alla progressiva ma inesorabile paralisi, è straordinario.
Prima dell’avvento dell’edaravone esisteva un solo altro farmaco, il riluzolo che aumentava la sopravvivenza solo di pochi mesi. Se oggi alcuni dei malati italiani possono accedere a questo farmaco è merito anche dell’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), che dal 2015 si è battuta affinché l’edaravone venisse approvato anche in Italia. Cercando così di arginare i viaggi della speranza verso il Giappone, l’unico Paese al mondo ad avere autorizzato la molecola nel trattamento dell’ictus prima, e in quello della sclerosi dopo.
“L’edaravone combatte l’accumulo di radicali liberi che si genera dopo l’evento ischemico, fenomeno che si verifica anche nella Sla, così come in altre malattie neurologiche. Per questo la casa farmaceutica che lo produce ha provato a capire se potesse funzionare anche in questo caso”, spiega Christian Lunetta, neurologo del Centro clinico Nemo (la rete di centri clinici dedicati ai pazienti affetti da patologie neuromuscolari) di Milano. I risultati dei primi studi bastarono alle autorità nipponiche per approvarlo, ma quelle americana ed europea chiesero delle prove più evidenti. “Intanto però i pazienti partivano, persone disabili che affrontavano un viaggio lungo e una permanenza di mesi. Oppure cercavano di importare il medicinale che spesso però veniva bloccato alla dogana”, va avanti il neurologo che lavora anche a fianco dell’Aisla. Per questo, alla fine del 2016, l’associazione ha chiesto all’Agenzia del farmaco di renderlo disponibile anche in Italia grazie alla Legge 648, che in mancanza di un’alternativa terapeutica consente l’uso di farmaci non ancora autorizzati o in via di sperimentazione. L’agenzia italiana ha detto sì, anche in considerazione del fatto che nel frattempo l’Fda americana aveva dato il via libera ed erano stati pubblicati nuovi dati di efficacia su Lancet Neurology.
Oggi quindi il farmaco è disponibile, ma solo per alcuni pazienti, stimati in 1600 sui 6000 totali: i nuovi dati indicano infatti che esso funziona solo se i malati sono in condizioni non troppo gravi.
La decisione dell’Aifa e le nuove prospettive che vengono dalla ricerca scientifica saranno al centro del Simposio nazionale Sla che si terrà il 29 settembre a Torino. Perché la ricerca, dopo anni di insuccessi, sembra aver imboccato delle strade promettenti. Una è quella dei cosiddetti oligonucleotidi antisenso (Aso), molecole create in laboratorio capaci di interferire con l’attività dei geni mutati che inducono la malattia, usate con successo in un’altra malattia neurologica degenerativa, l’atrofia muscolare spinale (Sma). Ma se nel caso della Sma il gene target è di facile individuazione, per la Sla le cose sono più complicate: “Negli ultimi anni abbiamo scoperto che il 15-20% dei malati ha almeno uno dei geni collegati alla malattia finora noti, all’inizio degli anni Novanta erano solo il 2-3%”, dice ancora Lunetta.
La capacità di leggere il genoma sempre più velocemente e a buon prezzo ha infatti svelato molti geni collegati a questa forma di sclerosi. “In più ha ridimensionato anche i fattori ambientali – sottolinea il neurologo – che non possono essere più considerati unica causa della malattia, ma semmai fattori scatenanti che agiscono in caso di mutazioni”. Il primo gene a essere stato individuato già più di 15 anni fa è stato Sod1: nella forma mutata produce una proteina che si ammassa nei motoneuroni, impedendo loro di funzionare, cioè di controllare la muscolatura volontaria. Nei modelli animali gli Aso si sono dimostrati efficaci. Dal punto di vista biologico funziona, ma ora arriva la parte più difficile e cioè dimostrare che funzioni e sia sicuro anche negli umani.
http://www.repubblica.it/salute/medicina/2017/09/28/news/il_farmaco_che_c_e_e_quelli_che_verranno-176757546/