La prevenzione fa bene al cuore. Massimo Volpe: «Ecco le raccomandazioni pratiche per uomini, donne e bambini».

La cardiopatia ischemica, e in particolare l’infarto miocardico acuto, rappresenta ancora oggi la principale causa di morte nel nostro paese (seguono i tumori e l’ictus), essendo responsabile di oltre il  40% di tutti i decessi, mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%. Grazie ai grandi progressi nella cura – soprattutto grazie al trattamento precoce dell’infarto con l’angioplastica (il cosiddetto ‘palloncino’) – la percentuale di pazienti che continua a svolgere una vita normale dopo un evento cardiovascolare è molto alta. Tuttavia in alcuni casi, soprattutto a causa dell’insorgere dello scompenso cardiaco (prima causa di ospedalizzazione in Italia (una persona con scompenso arriva a fare 4-7 ricoveri), molto frequente tra gli anziani e molto spesso si accompagna ad altre comorbilità), chi sopravvive ad un attacco cardiaco può diventare un malato cronico: secondo i dati Istat in Italia la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è del 4,4 per mille.

 

Le malattie del cuore sono diventate una vera e propria ‘pandemia’ e i numeri lo dimostrano: interessano uomini e donne, seppur con un impatto e con tempo diversi per una diversità fisiologica di genere: l’incidenza è pari al 13,7% fra le donne con 75 anni e più, al 6,3% nella fascia d’età 65-74 anni, al 3,4% nella fascia 60-64 anni (dati Istat 2016); negli uomini l’incidenza è del 21% dai 75 anni in su, è del 12,7% nella fascia d’età 65-74 anni e del 7,4% nella fascia 60-64 anni (dati Istat 2016).

Se le cure, da seguire con costanza, sono importanti, la prevenzione lo è ancora di più tra i soggetti sani. E su una prevenzione personalizzata si confrontano i massimi esperti del cuore italiani in occasione del 16esimo congresso nazionale di Siprec (Società italiana per la prevenzione cardiovascolare) che riunisce, fino al 10 marzo, dieci tra società scientifiche ed enti di ricerca che hanno siglato il primo documento di ‘Consenso e Raccomandazioni pratiche di Prevenzione Cardiovascolare’ coordinato dal professor Massimo Volpe, presidente Siprec.

 

Professor Volpe come è possibile prendersi cura del proprio cuore fin da giovani?

 

E’ possibile prendersi cura del proprio cuore seguendo una corretta alimentazione, svolgendo attività fisica, non essere incoraggiati a fumare, a bere alcolici o a mangiare cose molto salate. Se facessimo prevenzione cardiovascolare già da bambini, da qui a vent’anni sarà difficile vedere un infarto sotto i 70 anni. Ma non solo. Prevenzione significa da una parte fare un lavoro sulle strategie di popolazione, facilitando un’alimentazione corretta, dissuadendo dal fumo di sigaretta, impegnandosi a fondo nel favorire l’attività fisica dei cittadini, dall’altra garantire il giusto ricorso ai farmaci, e questo richiede un impegno da parte dei medici.

 

Cosa rappresenta il documento intersocietario ‘Consenso e Raccomandazioni pratiche di Prevenzione Cardiovascolare’?

 

E’ un documento di consenso su quali sono gli obiettivi, le cose da combattere, gli strumenti della prevenzione, quali sono i gruppi di persone ai quali ci rivolgiamo, che comprendono anche le donne, i bambini, i più anziani. E’ rivolto a chi è ancora sano, in chi non ha ancora avuto un evento, ma è rivolto anche a governo, regioni, classe medica, operatori sanitari, giornalisti che possono aiutarci a sottolineare quanto sia importante impegnarsi nella prevenzione, e non solo nella cura delle malattie. La necessità di scrivere questo documento è emerso per diverse ragioni: le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morbidità, ospedalizzazioni e mortalità nel nostro Paese; c’è ancora scarsa cultura della prevenzione a livello della nostra società; il mondo della sanità è focalizzato soprattutto sulle cure e si spende troppo poco in prevenzione. Il nostro documento a mio avviso segna una traccia ed apre una strada nuova che speriamo generi altre azioni.

 

Che ruolo ha il medico di medicina generale in questo documento e in una prevenzione programmata?

 

E’ fondamentale. Interessante a questo riguardo è l’esempio della Gran Bretagna che ha dato ai medici di medicina generale degli obiettivi di risultato, fissando dei benchmark per il colesterolo, la pressione, il diabete. Chi non riesce a portare i ‘numeri’ dei propri assistiti sotto questo benchmark non ha evidentemente centrato il risultato; per gli altri, i virtuosi, sono previsti degli incentivi economici.

 

Cosa pensa del progetto “Prevenzione possibile. La salute al femminile” che proprio da Napoli parte per un interessante viaggio nel cuore della prevenzione?

 

Siamo fermamente convinti che sia fondamentale informare le donne – soprattutto le over 35, che sono le vere ‘coordinatrici’ di tutte le attività familiari – sull’importanza di modificare alcuni comportamenti non corretti per loro e per i congiunti. E quindi offrire consulti medici, fare una valutazione preliminare del rischio cardiovascolare e misurare la loro densità ossea è un primo, importantissimo passo per avviare quella ‘correzione di rotta’ indispensabile per prevenire malattie sempre più diffuse. Non per niente abbiamo deciso di patrocinare quest’iniziativa insieme ad altre società scientifiche e associazioni di medici di famiglia e farmacisti, convinti che sia molto utile portare all’attenzione delle donne l’opportunità di mettere in pratica piccoli cambiamenti nella vita di ogni giorno che possono fare la differenza per la loro salute.

 

La prevenzione cardiovascolare messa in campo attraverso progetti come questo, quanto può ridurre l’incidenza delle principali malattie del cuore?

 

Le porto qualche numero, per comprendere le dimensioni del problema e per rendersi conto che i fattori di rischio da combattere sono quelli tradizionali: ipertensione, il fattore di rischio più diffuso e letale in Italia: interessa il 10% dei bambini, il 37% degli adulti e il 55% dei soggetti dall’età media a quella avanzata; colesterolo alto: in Italia ne soffre il 68% dei maschi e il 67% delle femmine adulte; diabete: in Italia ne soffre l’11% dei maschi e l’8% delle femmine adulte; obesità-sovrappeso: condizioni che interessano un italiano su 4; il fumo: nel 2015 riferiva di fumare il 24,6% degli uomini e il 15% delle donne. A questi ne va aggiunto uno emergente e sempre più impattante, la sedentarietà che interessa il 32% dei maschi e 42% delle femmine.  E all’orizzonte se ne profilano altri.

 

Quali?

 

Un alterato microbioma intestinale, ancora però appannaggio del mondo della ricerca; al momento infatti non esistono supplementi o probiotici in grado di proteggere dall’aterosclerosi, né dall’obesità o dal diabete. Ecco: solo una corretta informazione può aiutare le donne, le mogli e le mamme a correggere gli errori di comportamento all’interno del nucleo familiare e ridurre l’incidenza di queste patologie. E progetti come questo sono un’arma concreta per arrivare ‘a bersaglio’.