“Gli investimenti delle aziende biomedicali in ricerca e sviluppo continuano a crescere. Questo significa che la prospettiva a livello globale è positiva: l’Italia dovrà scegliere se vuole partecipare o meno alla rivoluzione che sta ridisegnando la medicina moderna».
Per Massimiliano Boggetti, da poche ore eletto nuovo presidente di Assobiomedica, la priorità è valorizzare la «spinta innovativa» delle 3.883 imprese biomedicali che occupano oltre 76mila dipendenti sviluppando un tessuto imprenditoriale variegato e specializzato, dove le piccole aziende convivono con i grandi gruppi, dando vita a oltre 500mila dispositivi medici per un fatturato di 11 miliardi di euro.
«Noi continuiamo ad investire perché i dispositivi sono indispensabili non solo nella prevenzione ma anche nella diagnosi e nella cura dei paziente – sostiene Boggetti – . Ma anche le istituzioni dovranno fare la loro parte riconoscendo e valorizzando l’innovazione tecnologica per dare impulso al settore».
L’impegno del Governo e il sottofinanziamento della sanità
Al Governo, comunque, va il riconoscimento di aver dato slancio alle imprese del settore con Industria 4.0, la strategia nazionale di specializzazione intelligente, il patent box e la normativa sulle start-up innovative. «Ci auguriamo – aggiunge il neopresidente di Assobiomedica – che l’istituzione di una cabina di regia per la valutazione dell’innovazione a livello nazionale (Hta) consenta di rendere le nuove tecnologie accessibili a tutti i cittadini. Per non far arrestare questo processo positivo bisogna però affrontare in maniera seria il problema del sottofinanziamento del nostro Servizio sanitario e dei tetti di spesa regionali altrimenti rischiamo di disperdere un potenziale importante per il benessere del nostro Paese».
Il mix di competenze: dalla scienze tradizionali alla robotica e big data
Insomma, è necessario dare un nuovo impulso di sviluppo al mercato dei dispositivi medici che produce innovazioni tecnologiche per tutti i processi di prevenzione, diagnosi, cura e trattamento di ogni patologia oggi conosciuta. «Il nostro settore – sottolinea Boggetti – nasce da un mix di competenze così ampio che vanno dai campi di ricerca in tutte le scienze tradizionali, come la biologia, la fisica, la chimica, la meccanica e l’informatica, fino alle scienze più avanzate come le ‘-omics’, la robotica e i big data. Questa ‘diversity’ è la ricchezza e la forza del mondo dei dispositivi medici. Cittadini e istituzioni devono essere più consapevoli del loro valore e del contributo che essi danno ogni giorno alle persone per vivere meglio e più a lungo».
Rafforzare la collaborazione tra centri di ricerca, università e industria
La via per centrare questo obiettivo è rafforzare «la collaborazione costante con i centri di ricerca, le università, i cluster tecnologici e le start-up, che popolano il nostro territorio: la strategia nazionale di specializzazione intelligente, adottata dall’Italia e da 13 regioni per investire in ricerca, sviluppo e innovazione anche nel settore della salute, va incentivata e valorizzata per attrarre eccellenze in un tessuto dinamico». Si tratta di una passaggio obbligato per partecipare «da protagonisti» alla svolta introdotta dalla medicina delle 4P: predittiva, preventiva, partecipativa e personalizzata. «Continuiamo a investire il 7% del valore del mercato in ricerca e innovazione – conclude Boggetti – nonostante il momento che viviamo sia complesso, perché crediamo nelle nuove tecnologie e nei nostri giovani».
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