La spending review non è tata il successo che ci si attendeva, no ha realmente abbassato il livello della spesa pubblica ed è necessario pensare ad altre soluzioni secondo il presidente della Corte dei Conti Arturo Martucci di Scarfizzi che oggi ha pronunciato la decisione nel giudizio sul Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2016.

E la Corte crede nella Consip alla quale conferma un ruolo centrale, nelle politiche di contenimento della spesa «anche se è emersa – si legge nella relazione – nel corso degli anni l’esigenza di una verifica dei risultati più rispondenti a dati reali».

«Per lo Stato – continua Angelo Buscema, presidente delle Sezioni riunite della Corte dei conti – nonostante l’incremento della spesa mediata da Consip, l’acquisizione di beni e servizi risulta ancora in prevalenza effettuata con il ricorso alla procedure extra Consip».

Fin qui gli aspetti generali. Ma nella requisitoria orale del Procuratore generale Claudio Galtieri compare anche la sanità. E appare a rischio di diseguaglianze, ma anche, peggio, di conflitti di interesse, illeciti anche penali e corruzione.

“Permangono criticità per il mancato utilizzo delle risorse nei tempi previsti, con conseguente adozione, da parte della Commissione UE di procedure di rettifica finanziaria e la conseguente attività di recupero dell’Amministrazione centrale nei confronti delle Regioni interessate, attività alla quale si affianca, sul fronte delle irregolarità e delle frodi, l’azione delle Procure regionali che nel corso degli ultimi anni hanno conseguito rilevanti risultati.”, ha detto Galtieri, che ha rilanciato il ruolo “della dirigenza amministrativa, che è chiamata ad una più intensa e rilevante collaborazione, non più soltanto come soggetto attuatore delle scelte politiche di allocazione delle risorse, ma, in via addirittura primaria, come soggetto che, con le proprie proposte che trovano fondamento nell’esperienza professionale, contribuisce alla definizione degli obiettivi di una revisione qualitativa “strutturale” e “permanente” della spesa, nel segno di una maggiore efficienza e di un più marcato orientamento dell’amministrazione all’efficacia della propria azione”.

Sul versante della spesa sanitaria comunque le cose non vanno male.

La spesa complessiva nel 2016 è stata di 115,835 miliardi (contro 114,574 miliardi del 2015 e 114,260 miliardi del 2014, oltre a 0,653 miliardi relativi agli enti finanziati direttamente dallo Stato) rispettando sostanzialmente, nell’articolazione interna, le  stesse dimensioni percentuali dell’anno precedente,  con un’incidenza sul Pil del 7,0% (dato in leggera diminuzione rispetto al precedente del 7, l%, ma sostanzialmente in linea con quello dell’ultimo periodo storico).
Considerato che le risorse acquisite per il finanziamento del Ssn si sono attestate a 116,147 miliardi (nel 2015 erano pari a 113,961 e nel 2014 erano di 114,484 miliardi), l’avanzo del settore è quantificabile in 312 milioni, saldo positivo quasi interamente a favore di regioni e province autonome.

Le fonti ordinarie di finanziamento hanno coperto, quindi, l’intero fabbisogno.

Rispetto al 2015 si è registrato un aumento percentuale della spesa di 1,1% a livello nazionale (a fronte dello 0,28% dell’anno precedente e del 1,2 del 2014), confermandosi, anche a livello regionale, nella stessa misura percentuale.

L’articolazione delle spese tra le varie Regioni conferma sostanzialmente un quadro ormai consolidato.
A fronte di una media nazionale in aumento (che riprende il trend di crescita che nel 2015 era dell’11,1%, a fronte di un valore di 1,2% nel2014) l’ente territoriale che ha fatto registrare, ancora una volta, un significativo aumento percentuale è stata la Provincia Autonoma di Bolzano (+2,6%), ma su valori superiori alla media nazionale si è attestata anche l’Emilia Romagna (+1,6%).

La spesa è rimasta pressoché invariata nelle regioni Lombardia (- 0,1%), Basilicata e Liguria (entrambe 0,1%), mentre nella media nazionale si sono sostanzialmente posizionate la Toscana (1,0%), il Lazio (0,9%) e il Veneto (0,7%).

Tutte le altre Regioni si sono attestate mediamente su minori costi tra i quali spicca il Molise (- 3,0%, che va ad aggiungersi al -4,4% dell’anno precedente).
Relativamente alla distribuzione territoriale, la Corte ricorda che nel 2008 i maggiori aumenti di spesa si erano generalmente concentrati nelle Regioni settentrionali (Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, provincia di Trento); nel 2009 il fenomeno si era, poi, rivelato più equamente distribuito territorialmente, riguardando realtà di Nord, Centro e Isole; nel 2010, questo andamento si è nuovamente modificato, tornando a concentrare i maggiori incrementi percentuali ancora nelle aree settentrionali.

Nel 2011, il fenomeno si è nuovamente rivelato più ,equamente distribuito territorialmente, con prevalenza nel nord e nelle isole. Nel 2012 i maggiori incrementi si sono registrati nuovamente in prevalenza nel nord (in particolare Emilia, Veneto, P .A. Bolzano e P .A. Trento).
Nel 2013 si era registrata una diffusa diminuzione della spesa tranne che per il Molise (+4,7%) e la Lombardia (+0,8%), le altre oscillavano tra il-2,5% (Piemonte) e lo 0,0% (V alle d’Aosta, Puglia e Sicilia). Nel 2014, infine, come già detto, il trend in aumento aveva fatto registrare il maggior incremento nelle regioni meridionali e nel 2015, invece, vi è stata una generalizzata propensione ad una riduzione dei costi, con eccezione delle situazioni sopra descritte. In valori assoluti, la Lombardia rimane di gran lunga la regione che gestisce il più alto volume di assistenza sanitaria in termini finanziari, seguita, come di consueto, da Lazio, Campania, Veneto, Emilia Romagna, Sicilia e Piemonte.

Nel comparto “sanità”, letto nel suo complesso, i dati fanno risaltare che il 2016 è stato un anno impegnativo che ha visto, da un lato, il progressivo, anche se è solo avviato, miglioramento di alcuni servizi legati ai Lea, la cui attuazione è scaturita dalla Conferenza Stato regioni della seconda metà del 2016.
La novità è rappresentata dal Piano nazionale delle cronicità e dal Piano Nazionale per la prevenzione vaccinale, tutti eventi programmatici che, uniti al D.M. n. 70/2015, di riordino dell’assistenza ospedaliera, hanno visto anche l’avvio dei Piani di Rientro per le aziende ospedaliere.

Una lettura dei dati disaggregati consente, invece, di porre in risalto i settori che, più di ogni altro, · hanno risentito positivamente del!’ avvio della nuova fase programmatica e della stabilizzazione di azioni di contenimento della spesa e di altri, come quello della spesa farmaceutica, soprattutto relativa alla distribuzione diretta, anche per effetto dei maggiori costi connessi all’immissione sul mercato di nuove molecole nonché, seppur in termini più contenuti, della spesa dei produttori market che ne hanno risentito meno.

Il costo dell’assistenza sanitaria nelle Regioni
Le differenze esistenti nell’articolazione del sistema sanitario, sul territorio nazionale, trovano ulteriore conferma nel parametro, rappresentato dal costo medio pro capite dell’assistenza. I dati consuntivi del 2016 attestano che ogni cittadino assistito è costato, mediamente, al sistema sanitario nazionale 1.907 euro (rispetto ai 1.887 del2015 e ai  1.880 nel 2014).

Su questo dato impattano, da un lato, la dinamica della spesa per l’assistenza specialistica, ospedaliera integrativa e altra assistenza, mentre, se si guardano le capacità di spesa delle aziende sanitarie, ospedaliere comprese, una significativa criticità è rappresentata da quella farmaceutica relativa alla distribuzione diretta, soprattutto connessa all’immissione, sul mercato, di farmaci innovativi e di dispositivi medici, ad alto contenuto tecnologico, mentre in diminuzione, sempre sul fronte del contenimento della spesa, si presentano i costi del personale e quello del!’ assistenza medica.

Fonte: http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=52128&fr=n