Nelle gare centralizzate i prezzi dei farmaci generici sono sull’orlo di una «crisi di nervi», con il 20% dei lotti banditi che resta deserto (27% nel 2015) e le industrie che battono in ritirata evitando i bandi, che registrano un tasso di partecipazione delle imprese in continua diminuzione negli ultimi cinque anni , soprattutto sui medicinali con i brevetti scaduti da più tempo.
È l’allarme lanciato da Assogenerici questa mattina nel corso della sesta tappa del tour di «Fabbriche aperte» allo stabilimento Baxter di Sesto Fiorentino.
«Tre terapie su 5 somministrate in ospedale – spiega il presidente Assogenerici Enrique Häusermann – sono a base di farmaci fuori brevetto, e il 24% sono generici, ma l’equazione non si ripete sul territorio. In farmacia infatti solo una confezione su cinque è un medicinale generico e vorremmo che la situazione migliorasse, anche perché a scadenza del brevetto i prezzi di questi prodotti calano del 50-60%, generando risparmi notevoli per la spesa pubblica, che auspichiamo vengano reimpiegati nel settore. Quindi c’è da un lato un gap informativo da colmare, tra medici e pazienti, sull’eccellenza di questo settore, ma dall’altro le centrali d’acquisto e gli stakeholder devono focalizzare meglio il valore strategico di questo comparto per la salvaguardia dell’universalità del Ssn. Un valore da tutelare sul lungo termine, senza superare al ribasso una soglia di sostenibilità industriale dei prezzi, ormai ad alto rischio».
Le pillole no-brand generano un fatturato nazionale annuo di 3 miliardi, il 37% dall’export. Gli addetti sono 10mila, il 40% impiegato nella produzione, con 60 aziende attive (il 44% a capitale italiano) che investono 100 mln ogni anno, il 65% in produzione. «Un sistema industriale solido e in crescita – spiega Michele Uda, direttore generale di Assogenerici – ma con dinamiche competitive sotto pressione».
Il punto debole sono appunto i prezzi. «I farmaci non più coperti da brevetto – continua Uda – rappresentano nel 2017 il 24% delle dosi consumate dalle strutture sanitarie pubbliche, ma in valore incidono solo per il 5,1% della spesa a prezzi ex factory. Esiste infatti un enorme divario di prezzo con i farmaci innovativi e le procedure di gara ospedaliere determinano una costante ulteriore pressione sui prezzi dei farmaci a brevetto scaduto. A volumi stabili o in aumento, corrisponde nel tempo una riduzione del prezzo medio di acquisto. È a rischio la sostenibilità dell’impresa. E il fenomeno è significativamente aumentato con il progredire di tutte le varie forme di centralizzazione degli acquisti». Insomma Assogenerici segnala un’eccessiva pressione sui prezzi con conseguente rischio di indebolimento della concorrenza e interruzione delle forniture.
Tra le proposte dell’associazione per il breve periodo, la clausola di rinegoziazione «pura», un meccanismo già previsto per i farmaci biosimilari, che prevede, in caso di scadenza brevettuale, la riapertura della procedura concorrenziale. Un provvedimento che avrebbe bisogno di una modifica normativa, da introdurre con la legge di bilancio. Per evitare la frammentazione degli ordini, Assogenerici propone inoltre di fissare quantitativi minimi come clausola dei capitolati, con l’obiettivo di impedire micro-ordini che incrementano rischio di rottura di stock e incrementano i costi per le imprese. Infine il payback ospedaliero, che le industrie dei generici chiedono di sospendere, «almeno per imprese che contribuiscono al contenimento della spesa, con nuove modalità più ampie per garantire sostenibilità».
Nel medio periodo, gli obiettivi sono quello di creare un sistema equo di determinazione di prezzi a base d’asta per ridurre la pressione sui prezzi «come strumento di recupero di una competizione più sana». Di creare le condizioni per gare economicamente vantaggiose: inserendo «elementi qualitativi come la disponibilità di dosaggi, presenza di devices, affidabilità del fornitore, capacità di incidere sul costo del ciclo di vita». E puntare tutto sullo snellimento procedure di gara, con una digitalizzazione marcata e un ruolo direttivo e uniformatore dell’Anac.
A Sesto Fiorentino polo Baxter specializzato in «compounding»
Come esempio di eccellenza industriale il presidente di Assogenerici Häusermann ha richiamato proprio lo stabilimento di Sesto Fiorentino, acquisito da Baxter nel 1971 e trasformato a partire dal 1977 – con investimenti per oltre 10 milioni di euro – in un polo europeo di produzione delle soluzioni per terapia endovenosa e irrigazione in contenitori flessibili, di sacche per la nutrizione parenterale e la dialisi peritoneale, nonché di soluzioni contenute in dispositivi medici per la chemioterapia. I prodotti sono costituiti da sacche per la nutrizione parenterale, soluzioni contenute in dispositivi medici per la chemioterapia e farmaci monoclonali, con una produzione annuale di 148mila unità.
Il sito è l’unico in Italia ad avere ottenuto da parte dell’Aifa l’autorizzazione alla produzione su prescrizione medica di medicinali sterili sotto forma di preparazioni liquide per uso parenterale preparati in asepsi. «L’intero processo produttivo – si legge in una nota – è infatti realizzato in isotecnia (tecnica dei volumi confinati), una metodologia di produzione che consente di ottenere preparazioni farmaceutiche contenenti farmaci altamente attivi (come citostatici, ormoni, antibiotici) in condizioni di totale sicurezza sia per l’operatore sia per la qualità del prodotto finito. La produzione avviene all’interno di isolatori, cioè di box completamente isolati dall’ambiente circostante ai quali l’operatore accede esclusivamente attraverso l’uso di guanti o mezzi scafandri, garantendo l’assoluta separazione fisica tra operatore/ambiente e prodotto manipolato. E un software gestionale consente di mantenere uno storico tutte le fasi operative relative alla produzione delle unità richieste garantendo la completa tracciabilità dei prodotti».
Lo stabilimento Baxter di Sesto Fiorentino ha sviluppato una tecnologia d’avanguardia per l’attività di preparazione su richiesta medica di miscele farmacologiche chemioterapiche o monoclonali già ricostituite. Si tratta dell’attività di «compounding» per i farmaci oncologici e per i monoclonali, che prevede l’utilizzo di 16 principi attivi (tra prodotti in uso e quelli in pipeline) per 50 formule (da 1 a 6 per principio attivo) – quasi esclusivamente fuori brevetto – resi disponibili in sacche, per un totale di 155 ospedali e 23 Centri di produzione unificati forniti in Italia.
«La preparazione delle forme endovenose da parte delle farmacie ospedaliere o dei reparti deve rispettare standard di qualità elevatissimi: per questo la tendenza attuale è quella di centralizzarne la preparazione in farmacia – ha spiegato Stefano Collatina, membro del consiglio direttivo di Assogenerici, vicecoordinatore Italian Biosimilars Group (IBG) e Business Unit Director Hospital Products di Baxter. – L’utilizzo di miscele già ricostituite e diluite garantisce efficienza, sicurezza di pazienti e operatori, tracciabilità e riduzione dei costi per le strutture».
La manipolazione di questi farmaci espone i farmacisti ospedalieri a rischi e per questa attività la Raccomandazione 14 del Ministero della Salute suggerisce di utilizzare, quando è possibile, sistemi a circuito chiuso e l’uso di preparazioni in sacca multidose per agevolare il lavoro degli operatori e diminuire il rischio di contaminazione. «Baxter – ha proseguito – supporta le aziende ospedaliere nella realizzazione delle Ufa (Unità Farmaci Antiblastici) i laboratori sterili a norma di legge per la preparazione dei farmaci antiblastici, provvedendo alla messa in opera dei locali e alla formazione del personale addetto, a fronte di contratti pluriennali per la fornitura delle sacche multidose pluriprelievo di chemioterapici antiblastici: a oggi le Ufa così realizzate sono 30 su tutto il territorio nazionale».
Lo stabilimento garantisce inoltre la produzione di sacche personalizzate per la nutrizione parenterale, realizzate su prescrizione medica per le esigenze dei singoli pazienti, contenenti glucosio, aminoacidi, elettroliti, oligoelementi, lipidi. La nutrizione parenterale è una terapia salvavita. Consiste nell’infusione direttamente nel sangue venoso di adeguate miscele nutritive. La nutrizione parenterale per pazienti con patologie croniche e rare, post chirurgici o affetti da altre patologie (tumori) che limitano o impediscono di alimentarsi naturalmente, viene eseguita prevalentemente a domicilio – Nutrizione Parenterale Domiciliare (NPD) – per garantire sia al paziente e ai familiari una migliore qualità di vita e reintegro sociale. Lo stabilimento di Sesto Fiorentino oggi produce una fornitura di sacche in Italia a 25 ospedali e a 400 pazienti a domicilio. All’estero fornisce sacche per la nutrizione anche in Gran Bretagna, Belgio, Finlandia, Malta e Norvegia.
«In Italia da più di 30 anni – conclude Collatina – proponiamo un percorso di governo clinico in nutrizione parenterale domiciliare che parta dall’ospedale e arrivi a casa del paziente in piena sicurezza, con massima attenzione alla qualità e appropriatezza terapeutica. Un approccio che risponde alle necessità dei pazienti e ai bisogni del sistema sanitario nazionale esplicitati anche all’interno del Piano Nazionale della Cronicità appena approvato e che si basa sulla costruzione di un modello di cura socio-sanitario integrato».
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