Intervista con  il Professor Gianni Amunni, Direttore Generale dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO) della Regione Toscana.

 

Professore Amunni che giudizio dà all’innovazione oncologica nel nostro Paese?

Sicuramente l’oncologia negli ultimi anni ha fatto passi molto importanti, soprattutto sul fronte degli strumenti terapeutici. Ci sono tumori, come per esempio il cancro del polmone o il melanoma metastatico, che fino a qualche anno fa erano praticamente senza nessuna possibilità di trattamento, oggi, invece, hanno possibilità di essere trattati, per cui sicuramente dei passi in avanti sono stati fatti.

Qual è la vera innovazione oncologica per il paziente?

La vera innovazione per il paziente oncologico è essere nelle condizioni di poter fare il miglior trattamento e il più appropriato per il suo caso, sostenuto da un modello organizzativo “a rete” che gli consenta di entrare all’interno del sistema vicino a casa ma che lo porti nella sede opportuna e più appropriata per la complessità del suo caso. Il paziente non deve più sentirsi  solo o non deve più spontaneamente girovagare alla ricerca di informazioni, ma deve essere preso in carico da un sistema che ha un’organizzazione tale da garantirgli una vera valutazione multidisciplinare, una allocazione nel posto più adatto per il suo problema e il trattamento più adeguato.

Quale sarà il ruolo della prevenzione della patologia oncologica e come potrà essere applicata concretamente tra i cittadini?

Oggi siamo molto attratti dai nuovi farmaci, dall’innovazione tecnologica (vedi la radioterapia), dal robot chirurgico e così via, ma in realtà ancora oggi il fattore di prognosi più importante è rappresentato dall’anticipazione diagnostica, quindi è necessario promuovere in maniera fortissima l’estensione all’adesione agli screening oncologici istituzionali, in particolare per il tumore della mammella, al colon retto e al collo dell’utero. Oggi è noto, per esempio per il tumore della mammella, che la sopravvivenza delle pazienti che hanno fatto diagnosi allo screening è nettamente superiore rispetto alle pazienti che hanno fatto diagnosi spontanea al di fuori dello screening. E’ necessario, inoltre, valutare se ci sono altri ambiti di screening istituzionali: per esempio, oggi un tema molto dibattuto riguarda la possibilità di offrire o meno lo  screening per il cancro del polmone nei pazienti fumatori. Infine, è necessario mettere in essere azioni forti anche nel tema della prevenzione primaria: abbiamo una strage di pazienti per tumori evitabili, quelli cioè legati a stili di vita non adeguati, in particolare legati all’abitudine al fumo o a fattori ambientali. Dunque, agire attraverso la prevenzione primaria e secondaria significa ridurre il carico di patologia oncologica e quindi anche disporre di risorse per curare pazienti che devono essere curati.

Affinché in futuro una parte del trattamento oncologico diventi sempre di più appannaggio del “territorio”, come vede il rapporto tra il medico di medicina generale e l’oncologo?

Assolutamente necessario e da ridisegnare. Arriviamo da un’epoca in cui il rapporto tra il paziente oncologico e l’oncologo era un rapporto praticamente esclusivo: il paziente vedeva nell’oncologo l’unica figura di riferimento per la risoluzione del problema. Oggi credo che siano maturi i tempi perché l’intera filiera di cura e di assistenza sia coinvolta anche nella gestione della patologia oncologica. Il ruolo dei medici di medicina generale è perciò centrale per la promozione dell’adesione agli screening, è centrale per la diffusione di buone pratiche e stili di vita corretti e diventa sempre più importante anche l’integrazione tra l’oncologia prevalentemente ospedaliera e le problematiche legate al sostegno del paziente oncologico in fase territoriale. Infine, credo che in futuro ci debba essere una fortissima collaborazione tra l’oncologo e il medico di medicina generale nella gestione del follow up del paziente oncologico.

Cosa pensa del concetto Hub and Spoke in oncologia?

Io sono convinto fautore del “modello a rete” in oncologia che significa sinergia e mettere in relazione  tutte le istituzioni e gli attori che agiscono sul territorio.

Quale sarà il futuro del paziente oncologico in relazione alle nuove ricerche?

Credo che avremo sempre più pazienti guariti, per cui sarà fondamentale porsi questioni legate alla vita dopo il cancro, dal tema della menopausa oncologia alla garanzia del diritto a procreare del paziente oncologico, alla riabilitazione oncologica. L’altro aspetto riguarda il fenomeno sempre più evidente della cronicizzazione del cancro e a tale proposito in futuro dovremo preoccuparci sempre di più di un paziente oncologico che è sempre più paziente cronico che si porta dietro tutti i problemi tipici del paziente cronico, come quelli legati all’assorbimento delle risorse sanitarie.

Quale sarà il futuro della target therapy?

Credo che la target therapy, come tante altre evoluzioni che si sono viste in oncologia, sta dentro il concetto della “medicina di precisione” e di strumenti di cura che siano sempre più specifici per la malattia. Già in chirurgia si parla di “chirurgia conservativa”, già il radioterapista parla di azioni estremamente mirate sul tessuto metastico, in terapia medica si parla sempre di più di “terapia per taglio specifico”. Del resto la tipizzazione biomolecolare del tumore, che è la frontiera che oggi stiamo vivendo di più, ci porta a delle sotto-tipizzazioni di ciascun tumore e all’identificazione di trattamenti che sono specifici per quel sottotipo di tumore: questo è il futuro della “medicina personalizzata”.

Infine, quali saranno i prossimi passi dell’Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica (ISPO) e dell’Istituto Toscano dei Tumori (ITT)?

Da gennaio di quest’anno esisterà un unico istituto che si chiama Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica. La grande novità sarà tenere insieme, in un’unica istituzione, il tema della prevenzione primaria e secondaria, la ricerca scientifica e il tema della “rete oncologica” cioè dei percorsi di cura, dei Pdta e della messa in relazione di tutti gli attori presenti sul territorio regionale, per un unico obiettivo: la cura dei tumori.