Sono stati identificati sette diversi fenotipi di apnee ostruttive del sonno (OSA – obstructive sleep apnea), con differenti implicazioni a livello cardiovascolare, grazie alla polisonnografia. Lo studio, pubblicati su Thorax, è stato condotto da Henry Yaggi, della Yale University School of Medicine a New Haven, in Connecticut e colleghi.

Lo studio
I ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti da 1.247 veterani che si erano sottoposti alla valutazione di OSA. Dai risultati è emerso che possono essere riconosciuti sette sottogruppi: A, leggera; B, movimenti periodici degli arti nel sonno; C, non-REM e sonno disturbato; D, REM e ipossia; E, ipopnea e ipossia; F, risvegli e sonno disturbato e G, combinata grave. Yaggi e colleghi hanno eseguito l’analisi dei gruppi per capire se i dati generati dalla polisonnografia potevano invece determinare la divisione dei pazienti in diversi fenotipi, a seconda del loro rischio di eventi avversi cardiovascolari: sindrome coronarica acuta, attacco ischemico transitorio, ictus e morte.

Sottocategorie e rischi C

I sottogruppi A e B, in particolare, comprenderebbero le categorie tradizionali di OSA benigna e leggera, i sottogruppi C e D sarebbero all’interno della OSA considerata moderata e i sottogruppi da E a G sarebbero OSA grave. Dopo aver aggiustato i risultati per altri fattori, i sottogruppi B, E e G sarebbero stati significativamente associati a sindrome coronarica acuta, attacco ischemico transitorio, ictus e morte. Al contrario, le classiche categorie di gravità basate sull’AHI non sarebbero associate con questi risultati primari.

“Il nostro studio aggiunge nuove prove al fatto che c’è una eterogeneità polisonnografica tra le tradizionali categorie distinte in base alla gravità dell’OSA e che i dati possono essere utilizzati per classificare i pazienti in sottogruppi che riflettono diversi processi patofisiologici – spiegano i ricercatori – Alcuni di questi sottogruppi hanno rischi di eventi avversi a livello cardiovascolare o di morte che non sarebbero evidenziabili con la classificazione convenzionale AHI e possono essere importanti per la stratificazione del rischio e per la scelta del trattamento”.

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