Con quali aggettivi possiamo descrivere nella nostra mente un pezzo di torta alla crema? E una mela rossa? Per studiare meglio la nostra valutazione e la rappresentazione mentale degli alimenti, un gruppo di ricercatori italiani, coordinati dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa), ha studiato la risposta cerebrale associata a questi cibi.

Questa valutazione sembra essere strettamente legata al nostro corpo, in particolare al nostro peso: le persone in sovrappeso in qualche modo prestano una maggiore attenzione ai cibi elaborati, come pasticcini e pizza, più succulenti, mentre in quelle sottopeso la risposta cerebrale è più orientata verso gli alimenti non processati, come la frutta, più naturali. I risultati dello studio sono pubblicati su Biological Psychology. Ma non è tutto, ecco cosa hanno scoperto i ricercatori.

Gli scienziati hanno svolto due esperimenti, coinvolgendo sia partecipanti normopeso sia persone in sovrappeso e in sottopeso. Combinando test comportamentali con un’elettroencefalografia, un’indagine che misura l’attività elettrica del cervello, gli autori hanno potuto approfondire il modo con cui valutiamo alimenti non processati e cibi più elaborati. Su uno schermo venivano mostrate immagini dei cibi anticipate da frasi associate a quel dato cibo. Le frasi riguardavano caratteristiche percepite tramite i sensi (gusto, olfatto), come ad esempio “ha un sapore dolce”, oppure una descrizione della loro funzione o del contesto in cui si consumano, ad esempio “è ideale per una festa di matrimonio”.

Nel frattempo, i ricercatori misuravano la risposta neurofisiologica allo stimolo, individuando tramite un parametro specifico, chiamato N400, quanto le caratteristiche e le qualità contenute nella frase venissero associate, dal cervello dei partecipanti, all’alimento oggetto della frase. Fra gli alimenti selezionati, frutta, come mela e ciliegie, frutta secca, ostriche, pizza, pasta al sugo, torta di mele.

Da uno dei due esperimenti è emerso che il gruppo di partecipanti con peso in eccesso (indice di massa corporea – un indicatore del peso – superiore a 30) presentavano segnali elettroencefalografici diversi rispetto a quelle in lieve sottopeso (con Bmi inferiore a 18). “Abbiamo rilevato – ha spiegato a Repubblica il primo autore dello studio, Giulio Pergola – che le persone con peso in eccesso mostravano una maggiore attività cerebrale nel caso dei cibi elaborati, come pizza, dolci, pasta condita con sughi particolari”. In pratica è come se prestassero una maggiore attenzione, o fossero in qualche modo maggiormente sensibili dal punto di vista della risposta cerebrale, a questi cibi più sugosi o saporiti. Mentre nelle persone in sottopeso la risposta cerebrale era maggiormente sollecitata dalla vista di cibi più naturali e non elaborati, come mela, ciliegie, frutta secca, pesce fresco. Un po’ come dire che le persone sottopeso hanno una rappresentazione cerebrale di questi alimenti con più sfumature, prosegue Giulio Pergola, che è ricercatore presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro. “Non sappiamo ancora se accada perché sono quelli che consumano di più nella loro alimentazione o perché ne apprezzano maggiormente le loro qualità naturali”.

Un risultato interessante, poi, emerso da un altro esperimento, ha spiegato Pergola, è il seguente: osservando alimenti naturali, un gruppo di partecipanti normopeso di entrambi i sessi associava questi cibi maggiormente a qualità sensoriali, legate al gusto e alla consistenza, piuttosto che alle loro caratteristiche funzionali, come il luogo o il momento durante la giornata in cui è possibile assumerli.

Al contrario, i cibi processati venivano legati dai partecipanti normopeso soprattutto al contesto spaziale e temporale e ad altre caratteristiche funzionali. “Ad esempio – continua Pergola – l’immagine della pizza è stata maggiormente collegata, a livello cerebrale, ai luoghi di ritrovo e alle occasioni conviviali in cui viene consumata, come feste, cene e pic-nic, piuttosto che al suo gusto, ad esempio, salato”. Un importante passo avanti nella comprensione dei meccanismi con cui valutiamo il cibo, commenta Giulio Pergola. “Il risultato – illustra il ricercatore – è in linea con la “teoria sensoriale funzionale”, per cui i caratteri sensoriali e funzionali di un oggetto sono elaborati in maniera diversa dal cervello”. Così, un alimento riconoscibile non solo per il gusto e le qualità fisiche ma anche per il contesto in cui viene consumato, come una festa o una cerimonia, viene rappresentato in maniera più complessa dal cervello.

Dunque, perfino l’indice di massa corporea e il peso corporeo possono modificare la rappresentazione mentale di alcuni oggetti, in particolare la valutazione di ciò che si mangia. “Si tratta di un tipico esempio di ‘embodiment’ – ha spiegato Raffaella Rumiati, neuroscienziata

della Sissa di Trieste – in cui il cervello definisce le nostre scelte coadiuvato dal nostro corpo”. Un’altra conferma dello stretto legame fra mente e corpo e di come alcune caratteristiche del nostro fisico possano essere associate anche ad elementi cognitivi.

http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2017/09/25/news/peso_influenza_percezione_cibo-176459205/