Intervista ad Alfredo Alberti, Professore di Gastroenterologia Dipartimento di Medicina Molecolare Università di Padova, epatologo AOU Padova

 

In Italia l’eradicazione del virus responsabile dell’Epatite C è un obiettivo molto ambizioso ma realizzabile se verranno messe in atto strategie specifiche di identificazione e presa in carico dell’ampio numero di pazienti che non è ancora stato diagnosticato (l’epatite C è spesso del tutto asintomatica) o non è stato ancora inviato dal “territorio” ai centri di cura.

Ne è fermamente convinta la Regione Veneto, l’unica che abbia una piattaforma online che registra i trattamenti e gli esiti a medio e lungo termine della terapia e che abbia prodotto un documento programmatico di eradicazione del virus dell’Epatite C che verrà reso pubblico a breve. Per eliminare il virus HCV, gli esperti dicono che in prima istanza è ovviamente indispensabile definire con precisione quanti sono i soggetti infetti, quanti sono quelli già diagnosticati e ancora da diagnosticare.

Sul tema risponde il professor Alfredo Alberti, Epatologo dell’Azienda Ospedaliera di Padova e referente del progetto della Regione Veneto.

 

Come si immagina il futuro con il raggiungimento dell’eradicazione dell’Epatite C in Italia?

Eliminare il virus significa essere in grado di diagnosticare almeno l’80% degli infetti e trattarne l’80-90%:  se ciò avvenisse, e auspichiamo possa essere realizzabile in Italia in 4-6 anni, mi aspetto una riduzione del 90% della prevalenza (i portatori di Epatite C) con un impatto importantissimo sulla mortalità e morbilità per malattie del fegato, sulla salute, sulla spesa sanitaria e sulla richiesta di  trapianto di fegato.

Data l’offerta di farmaci innovati in questo campo, quali sono le terapie più promettenti per l’eradicazione del virus?

Da poco tempo disponiamo di due farmaci pan-genotipici, cioè farmaci che funzionano contro tutti i genotipi dell’Epatite C che quindi permettono di curare con la stessa efficacia tutti i pazienti; sono farmaci di grande maneggevolezza perché non hanno effetti collaterali importanti, possono essere anche combinati con altri farmaci senza troppe interferenze, e sono efficaci con brevi cicli di trattamento, di 8 o 12  settimane, eliminando definitivamente il virus nel 95%-98% dei casi.

Come è possibile trattare in maniera adeguata i pazienti con Epatite C e co-infettati  anche da Hiv?

I nuovi farmaci oggi disponibili sono utilizzati in un paziente Hiv positivo esattamente con gli stessi benefici di efficacia e con lo stesso profilo di sicurezza di un soggetto che non è Hiv positivo.

Con l’eradicazione del virus dell’Epatite C, come cambierà la trapiantologia nell’ambito epatico? E il trattamento chirurgico degli epatocarcinomi?

Ci aspettiamo una trasformazione epocale nella trapiantologia per Epatite C. I Centri trapianti in Italia hanno già registrato una riduzione del numero dei trapianti legati alla patologia da HCV di circa il 30-35%; in futuro prevediamo che non ci saranno più pazienti con Epatite C che richiederanno il trapianto perché verranno curati prima. Anche in campo oncologico ci aspettiamo un calo netto delle neoplasie epatiche e dei linfomi da virus HCV.

In attesa dell’eradicazione del virus dell’epatite C, quali sono le misure che i cittadini devono adottare per prevenire il contagio del virus?

A parte i soggetti a maggior rischio, ovvero chi fa uso di droghe per via endovenosa o pratica attività sessuale promiscua e non protetta, nel resto della popolazione il rischio attuale di contrarre una epatite C è molto basso e in ogni caso è raccomandato evitare di condividere con altri strumenti che possono essere contaminati da sangue, come rasoi, spazzolini ed evitare di sottoporsi a pearcing, tatuaggi o altre procedure traumatiche in ambienti che non garantiscono una assoluta attenzione alle norme di igiene sicura. Ma il messaggio più importante da trasferire alla cittadinanza è che l’epatite C è oggi curabile con farmaci molto efficaci e estremamente ben tollerati e quindi chiunque sa di essere portatore di HCV dovrebbe rivolgersi ad un Centro della rete regionale HCV, e chiunque abbia o abbia avuto comportamenti a rischio dovrebbe eseguire un test per HCV.

Ritiene che sia utile proseguire sulla strada dei Centri di riferimento prescrittori delle nuove terapie?

Credo che al momento sia opportuno mantenere una rete di Centri prescrittori, ma  in uno sviluppo dinamico della Rete Regionale: in base ai numeri dei pazienti da trattare sul territorio bisognerà calibrare anche il numero di centri prescrittori; se i numeri dei pazienti si riveleranno importanti bisognerà rivedere anche il numero dei centri prescrittori e distribuirli in modo più capillare nel territorio arrivando, per esempio, anche a portare i farmaci nelle strutture territoriali, come i Ser.D, le carceri e laddove l’accesso alla terapia e la aderenza alla stessa possono essere ottimizzati, piuttosto che concentrarla esclusivamente in pochi centri altamente specialistici, che dovrebbero invece continuare a gestire i pazienti più complessi.