“Il punto di arrivo saranno i farmaci che inducono la morte della massa tumorale o la sua cronicizzazione e ci permetteranno di continuare a svolgere la nostra vita, con meno effetti collaterali”.
Lo dice senza timore Tomas Lindahl, Premio Nobel del 2015 per aver scoperto degli enzimi che riparano alcune porzioni di Dna, salvaguardandone le informazioni genetiche. La sua scoperta ha aperto una nuova strada nella notta contro il tumore, una sorta di autostrada che potrebbe trasformare il cancro in una malattia assimilabile al diabete. Quindi se non curabile, almeno controllabile tanto da permettere al malato di vivere con esso fino ad età anziana.
Secondo il premio Nobel il tumore potrebbe essere sconfitto grazie “i primi farmaci anticancro che puntano a influenzare i percorsi di riparazione delle cellule tumorali, inibendo enzimi”. In sostanza colpendo determinati enzimi le cellule del tumore non possono moltiplicarsi e così non distruggono l’intero organismo. “Come fermare un muratore che sta costruendo una parete storta”, dice lo scienziato.
“La malattia acuta – continua – che conduceva a morte a volte anche nel giro di poco tempo, con questi farmaci potrà essere assimilata al diabete di tipo 2. Terapie che porteranno, se non a guarigione, a una cronicizzazione, intendo malattia della vecchiaia in questo senso”.
Cosa significa “cronicizzare” un tumore? Tenerselo per tutta la vita, ma senza gli effetti collaterali che conoscamo oggi. Come la morte nel giro di pochi anni.
La sua scoperta, ovverto gli enzimi riparatori, sono stati il punto di partenza da cui sono iniziate le ricerche delle case farmaceutiche per sperimentare i farmaci contro il tumore. Lindahl però ammonisce: i farmaci “in grado di riparare il Dna possono considerarsi un’arma a doppio taglio, eccezionali meccanici se vanno bene, letali devastatori se sono mutati e funzionano male.
Perché le cellule tumorali se li prendono per mantenersi in vita. Ecco perché le nuove terapie antitumorali puntano a influenzare quei percorsi di riparazione”.
I primi farmaci sono già in via di definizione. Come quello usato nel caso una donna abbia mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2, che favoriscono lo svuluppo del tumore al seno e alle ovaie. “Una di queste si chiama PARP, Poli ADP-ribosio polimerasi – spiega al Resto del Carlino lo scienziato – La sua attività in caso di mutazioni dei geni favorisce lo sviluppo di cellule tumorali. Ora è possibile inibirlo con un nuovissimo farmaco, Olaparib, che ha ottenuto in agosto l’approvazione finale, anche per uso orale, dalla Agenzia statunitense per il farmaco, la famosa Fda”.
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