In Italia la percentuale di donne che si vaccinano in gravidanza è ancora troppo bassa, con rischi notevoli per il feto e il neonato. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, una donna su tre non sa se è protetta contro la rosolia e solo il 41% delle donne ha effettuato il vaccino, ma con grandi differenze tra il Nord e il Sud della Penisola.
Le nuove generazioni sono più attente al tema. Ben il 57% delle donne tra i 18 e i 24 anni si vaccinano, contro il 34% della fascia 35-49. Contrarre il virus che appartiene alla famiglia Rubivirus, nel primo trimestre di gravidanza può provocare malformazioni del feto, aborto spontaneo o morte intrauterina.
La necessità di ricorrere ai vaccini in gravidanza deriva dalla opportunità di impedire agli agenti patogeni di interferire con il fisiologico sviluppo intrauterino del sistema immunitario fetale e con lo stato di tolleranza immunitaria feto/materna. Le vaccinazioni in gravidanza sono sempre state viste “con sospetto”, per la paura di eventuali danni al feto. Al contrario, le infezioni contratte in gravidanza arrecano danno non soltanto alla mamma, ma anche al bimbo che porta in grembo, interferendo con il suo sviluppo. Sono responsabili di effetti a lungo termine su molti aspetti della fisiologia fetale e di alterazioni permanenti della risposta immunitaria. Col progredire della gravidanza, il feto accresce e sviluppa tutte le componenti del suo sistema immunitario che sarà in grado di funzionare completamente soltanto qualche tempo dopo la nascita, mentre la madre, per impedire reazioni immunologiche avverse contro il feto, riduce la sua reattività immunitaria.
I piccoli nati da madri con bassi livelli di anticorpi specifici presentano a loro volta una ridotta difesa anticorpale, che potrebbe non essere sufficiente per proteggerli contro le infezioni. I livelli anticorpali si riducono inoltre progressivamente dopo la nascita, delimitando la cosiddetta “finestra di vulnerabilità” che si estende fino ai 6 mesi e cioè fino a quando il neonato potrà completare le prime vaccinazioni.
Vaccino anti-influenzale
Anche una banale influenza, se la donna non è vaccinata, può causare conseguenze gravi alla madre e al bambino. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), infatti, ritiene le gravide come il più importante tra i gruppi di rischio per i quali è indicata la vaccinazione anti-influenzale, e la raccomanda fortemente in ogni epoca di gravidanza. Il deterioramento delle condizioni materne aumenta inoltre l’incidenza di prematurità e ritardo di crescita intrauterino, mentre la febbre sembra predisporre il feto a sviluppare con maggior frequenza cardiopatie congenite, difetti del tubo neurale e labiopalatoschisi. Infine il lattante, privo di anticorpi protettivi, può contrarre più facilmente forme influenzali anche gravi con maggior tasso di ospedalizzazione, a causa di disidratazione, polmonite e talvolta encefalopatia, e purtroppo anche di morte. La madre vaccinata in gravidanza è invece in grado di trasferire al bambino tassi anticorpali protettivi per tutti i primi sei mesi di vita.
Vaccino anti-pertosse
La pertosse è una malattia estremamente contagiosa, a seguito della quale non si instaura immunità permanente. Quando colpisce nei primi anni di vita, può essere molto grave, e nel primo anno è una delle cause più frequenti di morte, che nel 90% dei casi colpisce neonati fino a tre mesi di vita, (età in cui è possibile somministrare la prima dose di vaccino). Per ridurre l’incidenza dell’infezione nei primi mesi possono essere applicate due strategie. La prima è quella del “bozzolo”, che consiste nel vaccinare tutti coloro che sono a contatto col neonato, ma che ha dato risultati solo parziali. La strategia più adeguata è quella di vaccinare la madre durante la gestazione. Il vaccino non ha effetti collaterali e determina un’adeguata produzione di anticorpi che attraversano la placenta e proteggono il neonato. La vaccinazione protegge la madre dall’infezione antepartum, migliora gli outcome della gravidanza e riduce gli esiti fetali, ma soprattutto fornisce immunità (passiva) ai neonati durante i primi vulnerabili sei mesi di vita.
Vaccino anti Mprv
Come indicato dal Piano Vaccinale, la Sin ribadisce che in previsione di una possibile gravidanza, le donne in età fertile devono assolutamente essere protette da morbillo-parotite- rosolia (MPR) e dalla varicella, dato l’elevato rischio per il nascituro di infezioni contratte durante la gravidanza, specie nelle prime settimane di gestazione, e immunizzate dalla pertosse con il vaccino trivalente (difterite-tetano- pertosse), che può essere somministrato anche tra la 27a e la 36a settimana di gestazione.
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