L’emicrania ad alta frequenza non causa solo sofferenza e disabilità ma può incrementare il rischio di trombosi e di ischemie cerebrali e cardiache.
Questo è quello che è emerso da uno studio condotto al San Raffaele di Roma dai Proff. Piero Barbanti, Direttore Centro Cefalee dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, Patrizia Ferroni, Ricercatrice IRCCS nonché Prof. Straordinario Università San Raffaele Roma e Fiorella Guadagni, Direttore della Biobanca Biobim nonché Prof. Straordinario Università San Raffaele Roma, in pubblicazione sul numero di ottobre di Neurology (organo ufficiale dell’Accademia Americana di Neurologia).
Gli studiosi hanno fatto un’indagine su una popolazione selezionata di 550 soggetti affetti dalla patologia, confrontati con 110 soggetti sani di controlli. È emerso che nelle donne in età premenopausale (<45 anni) con almeno 25 giorni al mese di emicrania, c’è un aumentato rischio di sviluppare trombosi (e quindi ischemie). I ricercatori ipotizzano che questa aumentata coagulabilità sia dovuta non necessariamente ad una predisposizione genetica quanto piuttosto ad una disfunzione ed infiammazione del rivestimento dei vasi (endotelio) conseguente al susseguirsi dei numerosi episodi.
“Lo studio – ha precisato il Prof. Barbanti – evidenzia la necessità di trattare in senso preventivo i soggetti che ne siano affetti. I nuovi trattamenti preventivi con anticorpi monoclonali aprono orizzonti favorevoli per i nostri pazienti in questo senso”.
“Abbiamo utilizzato – ha spiegato la Prof. Ferroni – un metodo innovativo e pratico per lo studio del rischio trombotico che è stato reso possibile grazie all’esistenza di una sezione della BioBIM dedicata in modo specifico all’emicraina, diretta dalla Prof. Fiorella Guadagni”.
Ridurre il rischio trombotico derivante da emicrania è dunque possibile: per mezzo di trattamenti preventivi specifici che rappresentano nuove opportunità che sono oggi in fase di sviluppo.
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