
Vivere di più e meglio è sempre più una realtà per le persone affette da mieloma, grazie alla disponibilità di nuovi approcci terapeutici che aumentano le percentuali di remissione della malattia e a una rete di strutture ad alta valenza specialistica, ben 10 sul solo territorio piemontese. È quanto emerso nel corso di un incontro dedicato al mieloma che si è svolto venerdì 16 febbraio alla Città della Salute di Torino, alla presenza di oltre 200 uditori tra pazienti e familiari.
L’iniziativa è stata promossa dall’Ail-Associazione Italiana contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma, con il patrocinio di International Myeloma Foundation e Fondazione Gimema-Gruppo Italiano Malattie Ematologiche dell’Adulto.
I numeri del mieloma in Italia
Il mieloma è il secondo tumore ematologico più diffuso in Italia dove convivono con la malattia quasi 14mila persone e si contano, ogni anno, 5.700 nuovi casi (AIOM-AIRTUM 2016). In alcune regioni del Nord, tra cui il Piemonte, il mieloma “ha raggiunto” il linfoma (il più frequente tumore del sangue), facendo registrare un’incidenza di 10 persone ogni 100mila abitanti, vale a dire circa 400 nuovi casi all’anno. Numeri che sono destinati a crescere a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, trattandosi di una patologia che colpisce prevalentemente intorno ai 60 anni.
«Il mieloma multiplo è caratterizzato da un aumento della concentrazione di plasmacellule nel midollo osseo che, in condizioni normali, hanno la funzione di produrre e liberare anticorpi per combattere le infezioni. La loro crescita anomala, invece, dà origine a sintomi e complicanze a carico di altri organi quali lesioni ossee molto dolorose, insufficienza renale e anemia» spiega il professor Mario Boccadoro, Direttore Divisione Universitaria di Ematologia, Città della Salute e della Scienza di Torino. «La buona notizia è che abbiamo a disposizione nuove terapie, cui altre stanno per aggiungersi, che consentono di estendere il numero di malati che rispondono alle cure e che vanno in remissione completa, con un aumento della qualità e dell’aspettativa di vita impensabile fino a qualche anno fa. Questi risultati sono stati raggiunti anche grazie all’esistenza di centri di eccellenza presenti sul territorio nazionale e di una rete regionale di strutture specialistiche in grado di affrontare patologie complesse con percorsi diagnostico-terapeutici dedicati».
Accanto a pazienti e familiari nel percorso diagnostico terapeutico
Di qui l’importanza di diffondere una maggiore conoscenza sulla patologia e sulle nuove opportunità terapeutiche, ma anche di dare voce alle testimonianze di pazienti e familiari che vivono l’esperienza diretta della malattia e supportarli nel percorso diagnostico-terapeutico attraverso il confronto con gli specialisti provenienti dai principali Centri di cura delle neoplasie ematologiche sul territorio nazionale.
«Uno degli aspetti più scoraggianti per una persona cui viene diagnosticato un mieloma è dover comprendere una malattia complessa, poco conosciuta e dal destino incerto», afferma Federica Galleano, Presidente Ail Torino. «Con questi incontri – prosegue – Ail vuole rendere concreta la sua vicinanza a pazienti e familiari, offrendo la possibilità di confrontarsi con gli specialisti al di fuori dell’ambiente sanitario per sciogliere i dubbi più ricorrenti sulla malattia e acquisire conoscenze sui traguardi raggiunti nella cura. Traguardi non soltanto in termini di efficacia, in particolare per le forme recidivanti, ma anche di tollerabilità delle terapie, aspetto che ha una ricaduta immediata e significativa sulla qualità di vita».
«Siamo molto soddisfatti della partecipazione all’iniziativa che ricorre esattamente quindici anni dopo l’organizzazione del primo ‘Patient Seminar’ alla Città della Salute di Torino – prosegue il professor Boccadoro -. L’aspetto più sorprendente è il desiderio da parte dei pazienti di voler raccontare le loro storie personali, che dimostra quanto sia ormai lontana la cultura del nascondere la malattia, dominante in passato. I pazienti sono più “aperti” ma anche più “esperti”, come testimoniano le domande rivolte ai clinici intervenuti, che rivelano una grande competenza sul tema. Un’ulteriore conferma di quanto il rapporto fiduciario tra medico e paziente e una informazione di qualità, non paternalistica, ma basata su solide basi scientifiche, siano cruciali fin dal momento della diagnosi e lungo tutto il percorso di cura».