“School Padova, ‘focus’ tra esperti sul rapporto pubblico/privato nel Ssn”

 

Circa 35 milioni di italiani nel 2016 hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria, pari ad una spesa di 35 miliardi di euro. Gli anziani, sempre più numerosi spendono una volta e mezzo in più rispetto alla popolazione generale e più del doppio (gli anziani non autosufficienti) in tema di out of pocket. Circa 13 milioni di italiani hanno difficoltà a far fronte alla spesa sanitaria, 7,8 milioni hanno usato tutti i risparmi per fronte alle spese sanitarie rispetto a 2 milioni di persone che aumentano la categoria della nuova povertà.  La spesa sanitaria privata nel 2017 si è attestata su circa 35 miliardi e solo 5 miliardi sono stati intermediati da forme sanitarie integrative (12 milioni italiani (il 19%) fanno ricorso alla ‘spesa intermediata’ di cui il 55% sono dipendenti e il 14% autonomi) e tale settore gestisce circa 5 milioni della spesa (2%).

 

Il rapporto futuro tra servizio sanitario pubblico e privato e il suo impatto sulla società in continua trasformazione è stato al centro della School di Padova 2018, del 12 aprile, evento organizzato da Motore Sanità che ha voluto raccogliere e discutere dubbi, proposte e analisi degli esperti del settore, dei cittadini e degli operatori della sanità e del welfare italiano sulla trasformazione in atto nel sistema sanitario.

 

«La sanità pubblica e la sanità privata non devono andare in competizione ma devono collaborare, ognuno ha dei compiti ben precisi – è intervenuto Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità della Regione Veneto -. Il privato ospedaliero rappresenta il 18% dei posti letto in Veneto, è un privato a cui abbiamo affidato dei settori ben definiti, in particolare l’ortopedia, la chirurgia e la riabilitazione, in alcuni casi fa anche da presidio ospedaliero per una zona. Noi abbiamo rispettato i patti: abbiamo dato budget e tariffe certe con pagamento delle loro prestazioni entro 60 giorni. Questa è la sintesi di un rapporto tra sistema sanitario pubblico e privato che al nostro sistema regionale ha dato risultati positivi negli ultimi 5 anni. Il futuro è la gestione del territorio, di fronte ad un popolazione che invecchia ed è accompagnata anche da qualche malattia: per alcune strutture territoriali, come gli ospedali di comunità e altre forme assistenziali, una delle ipotesi è quella di sperimentare delle formule assieme al privato accreditato. Se non passa l’autonomia, abbiamo dei vincoli che ci pone la normativa statale (non possiamo assumere medici ed infermieri) per cui siamo costretti a guardare a queste ipotesi, perché dobbiamo dare risposte al cittadino».

 

Fiammetta Fabris, amministratore delegato UniSalute spa ha approfondito l’evoluzione dell’integrazione tra sanità pubblica e privata con focus sul modello UniSalute in questo ambito.

«È ormai evidente che l’incremento del fabbisogno assistenziale e della spesa conseguente non può essere affrontato solo con politiche di razionalizzazione e di contenimento dei costi ma, per garantire la sostenibilità finanziaria dell’intero sistema dell’assistenza pubblica, risulta necessario ripensare il sistema dell’offerta e di reperimento delle risorse e favorire lo sviluppo di forme di finanziamento aggiuntive/integrative rispetto a quelle pubbliche. Sanità pubblica e privata non devono essere viste in contrapposizione: l’offerta di prestazioni garantite dal servizio sanitario nazionale resta il perno fondamentale del nostro sistema sanitario, a cui si affianca quella privata che, anche alla luce dei mutamenti sociali ed economici che il Paese sta vivendo in questi anni, deve essere sempre più vista come supporto e integrazione e il cui accesso dovrebbe essere supportato e facilitato per permettere a tutti cittadini di poter usufruire della più ampia offerta di prestazioni mediche a costi contenuti. Unisalute sta lavorando da tempo su modelli che vedono pubblico e privato assicurato lavorare insieme su aree di comune condivisione».

 

Luisa Brogonzoli, coordinatrice del Centro studi della Fondazione The Bridge ha spiegato: «Il nostro Paese presenta già caratteristiche di un sistema misto per quanto riguarda l’accesso alle cure. Pur avendo una posizione tesa alla tutela del sistema universalistico, auspichiamo di iniziare un percorso di analisi del sistema attuale senza pregiudizi di sorta, ma evidenziando vantaggi e criticità rilevabili rispetto al trend in atto. In particolare ci si chiede quanto il sistema assicurativo sia in grado di dare risposte concrete a tutti i cittadini, compresi i pazienti cronici o altre categorie di fragilità economica e sociale».

 

«In questi ultimi anni, con l’esplosione della crisi e i conseguenti vincoli economici che hanno determinato più o meno importanti riduzioni dei budget sanitari nei diversi Paesi la discussione sulla sanità ha avuto una rapida accelerazione – ha spiegato Bruno Biagi, vicepresidente GVM Care&Research
 -. A sommi capi che cosa ci potremmo aspettare: concentrazione di ospedali, sempre più indirizzati ai trattamenti per acuti con una reale e completa integrazione con i territori. Il territorio acquisterà una maggior importanza per la crescita delle malattie croniche e l’invecchiamento della popolazione. Questo darà impulso alla assistenza domiciliare e della gestione territoriale della cronicità. Se questi saranno gli scenari futuri il privato accreditato potrà essere attore di primo piano. Sia nello sviluppo di ospedali sempre più tecnologicamente avanzati che nella gestione del territori con organizzazioni efficaci ed efficienti. Si dovranno superare i bias ideologici ancora presenti, più in difesa di interessi corporativi che nell’interesse dei cittadini e trovare una rimodulazione della spesa per garantire la sostenibilità del sistema. Comunque al nostro interno Aiop la discussione è già iniziata e alcune proposte sono già pronte: presa in carico di pazienti ortopedici per riabilitazione in day hospital, presa in carico di una popolazione di pazienti con scompenso da gestire a domicilio e in hospital quando necessario con una forma di remunerazione complessiva; assistenza domiciliare a pazienti post ricovero per lungo degenza. Le proposte sono pronte ma devono ancora essere discusse e ottimizzate con le Ausl e regione di competenza. Fino ad oggi sono più Concepet organizzati in attesa di discussione».

 

Vittorio Morello, presidente Aiop Veneto ha dichiarato: «Premesso che un’azienda sanitaria sia pubblica che privata dovrebbe essere considerata ai vertici del Sentimento comune di valore condiviso o shared Value ovvero bene comune pare che nell’agenda politica questo principio sia stato completamente messo da parte. per ritornare ad un servizio sanitario di tipo universalistico occorrerebbero dai 30 ai 40 miliardi annui per avvicinarsi ai paesi più vicini a noi sia geograficamente che rispetto alla sensibilità sociale quali la Francia e la Germania ma nei programmi dei partiti la sanità è stato talmente rimossa Questa è la sfida dei prossimi anni coniugare risorse con il principio di universalità e per questo occorre chiaramente dire agli italiani che è necessario sottoscrivere un nuovo patto sociale se non sono i politici questa riforma dovrà partire dal basso e cioè dalle imprese sanitarie sia pubbliche che private».

 

Infine Lorenzo Miraglia, presidente nazionale Aiop Giovani
 ha dichiarato: «Le esigenze e le sfide che tutti i sistemi sanitari europei e non solo vivono e vivranno nel futuro necessitano di grandi ripensamenti e di grandi innovazioni nell’erogazione dei servizi sanitari. Oggi non possiamo più parlare distinguendo il privato (che in Italia rappresenta cifre molto piccole se lo si associa all out of pocket, ma che invece rappresenta una fetta molto importante, più del 30% di tutti i servizi, se lo si associa alla prestazione in regime di accreditamento con quelli regionali) dal pubblico, poiché domani si dovrà solo distinguere tra pianificatore (pubblico), erogatore (mercato regolamentato), controllore (pubblico attraverso authority tecnica). Alla luce di queste nuove evoluzioni si dovrà tener conto, anche, delle funzioni che il territorio avrà nella definizione dei servizi di prima assistenza e nella gestione delle cronicità. Queste sono le sfide che dovremmo gestire».