I più colpiti sono i bambini e le zone predilette sono quelle più ricche di capelli: la nuca e dietro le orecchie. Diversi prodotti chimici agiscono anche sulle uova che però sono le più difficili da eliminare. Anche i pidocchi diventano sempre più resistenti ai farmaci, ma le ricadute sono spesso causate da una terapia eseguita in modo scorretto.

Secondo alcuni studi raramente i pidocchi si annidano tra i capelli dei bambini di colore, ma preferiscono aggredire i capelli con una sezione rotondeggiante (caucasica) perché questi piccoli insetti riescono ad aggrapparsi meglio con le loro zampine.

Il pidocchio del capo (Pediculus humanus capitis) è il più diffuso. Si tratta di un parassita di colore grigiastro, munito di zampette uncinate che si ancorano ai capelli. «I pidocchi non saltano da una testa all’altra e non volano – chiarisce Veraldi -. La trasmissione avviene tramite il contatto diretto o lo scambio di pettini, spazzole, cappelli, cuscini, biancheria da letto e così via. Per scoprire i pidocchi basta un’accurata ispezione del cuoio capelluto.

In genere è più facile individuare le lendini (uova), che si ritrovano attaccate ai capelli, soprattutto a livello della nuca e intorno alle orecchie. La presenza delle sole uova non è, però, sempre indicativa di un’infestazione in corso: le lendini potrebbero infatti essere vuote. Visto che la femmina del pidocchio depone le uova alla radice del capello, si può fare diagnosi certa di pediculosi attiva quando la maggior parte delle lendini si trova a una distanza inferiore a 6,5 mm dal cuoio capelluto. Se ad esempio le uova sono a una distanza di un centimetro dal cuoio capelluto vuol dire che non sono vitali.

I classici sintomi della pediculosi sono irritazione e prurito, che però possono essere anche assenti. Tuttavia c’è un elemento che consente di riconoscerle senza difficoltà: se si scuotono leggermente i capelli in cui si trovano le sottilissime scaglie biancastre, quando si tratta di forfora queste scivolano via senza difficoltà, mentre rimangono tenacemente attaccate ai capelli se si tratta di lendini. Per individuare bene le uova meglio munirsi di lente di ingrandimento e controllare la testa con luce naturale.

«Attualmente in Italia i trattamenti in assoluto più efficaci spiega Stefano Veraldi – sono quelli che contengono piretrine, meglio se in schiuma. I prodotti a base di permetrina sono in realtà più efficaci contro la scabbia mentre con il malathion, seppur in genere efficace, si sono verificati non pochi casi di resistenza». In genere si fa una prima applicazione e poi, dopo circa una settimana, si ripete il trattamento. È molto utile, anche se poco gradita rimuovere manualmente le singole uova, magari con l’ausilio di un pettine con denti fitti, con una distanza tra loro inferiore al diametro delle uova».

Oggi anche i pidocchi stanno diventando come i batteri, sempre più resistenti ai trattamenti. Una ricerca condotta negli Stati Uniti da Ellen Koch, dermatologa dell’Università di Pittsburgh, insieme a Bernad Cohen dell’Università John Hopkins di Baltimora: sulla rivista Paediatric Dermatology parlano chiaramente di superlice, ovvero di “superpidocchi” capaci di continuare a riprodursi nonostante i trattamenti. Per fortuna, fanno rilevare gli esperti d’oltreoceano, esistono altri composti farmacologici in grado di vincere le resistenze dei parassiti. Insomma: anche se siamo ancora a livelli di attenzione e non di allarme, quello dei “superlice” è un problema che negli Usa viene valutato e che richiede sempre più l’intervento del medico e di farmaci da prescrizione.

http://www.corriere.it/salute/pediatria/cards/pidocchi-come-liberarsene-modo-efficace/resistenza-farmaci.shtml