Intervista con Alfredo Alberti, professore di gastroenterologia del Dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova ed epatologo dell’AOU di Padova.


 

A Vicenza si torna a parlare di Epatite C e l’occasione è stata giovedì 24 maggio nel corso del convegno organizzato da Motore Sanità, dal titolo “Medicina territoriale e gestione integrata della cronicità”, in programma a Palazzo Chiericati. Si è approfondito il tema della presa in carico del paziente con il Professor Alfredo Alberti, epatologo dell’Aou di Padova e professore di gastroenterologia del dipartimento di medicina molecolare dell’Università di Padova.

 

La Regione Veneto è la prima in Italia che si è dotata di una piattaforma online che registra i trattamenti e gli esiti, a medio e lungo termine della terapia e che ha prodotto un documento programmatico di eliminazione del virus dell’Epatite C.

 

Professore a che punto è giunto il programma dell’eliminazione del virus Hcv in Veneto?

 

Premetto che il Veneto è la prima regione che ha strutturato un programma di eliminazione di Epatite C, e per eliminazione si intende un ridimensionamento importante dell’epidemiologia della malattia (del numero dei soggetti infetti) e delle conseguenze cliniche. Se l’eradicazione, scomparsa completa dei soggetti infetti, è un obiettivo molto ambizioso a livello nazionale e mondiale, l’eliminazione è un target più raggiungibile, più realistico, che nel nostro approccio significa ridurre del 90% la prevalenza e l’incidenza dell’infezione. Per arrivare ad un concetto di eliminazione dobbiamo però conoscere l’attuale prevalenza dell’infezione nei diversi “serbatoi”. Attualmente abbiamo stimato, con il gruppo di lavoro istituito ad hoc a livello Regionale, circa 5-6 mila soggetti “a rischio” ancora da trattare, e circa 15-20 mila soggetti della popolazione generale. Per rendere efficace la presa in carico del paziente e allo stesso tempo per mettere in “rete” tutti i protagonisti (dai Ser.D,  ai medici di medicina generale, ai centri specialistici) abbiamo strutturato una piattaforma informatica online, “Navigatore 2”, che rispetto alla prima (“Navigatore”  che fino ad ora ha collegato tra di loro solo i centri specialistici che trattavano soggetti con malattia di fegato) si allarga ai Ser.D, al territorio, alle carceri offrendo così la possibilità di registrare il soggetto infetto su tale piattaforma e di adottare da parte di tutti i protagonisti della rete algoritmi e “comportamenti” standardizzati affinché ci sia per il paziente un accesso equo e omogeneo nelle diverse fasi della filiera, di presa in carico, di trattamento e di follow up per gestire gli esiti a medio e lungo termine del paziente. Sono stati così sviluppati dal Gruppo di Lavoro vari algoritmi di presa in carico del soggetti Hcv positivo, nei diversi setting epidemiologici.

Ad oggi quali le novità sulle nuove cure dell’epatite C, dopo il sofosbuvir?

 

Abbiamo delle grosse novità. Oggi disponiamo di farmaci di “terza generazione”, farmaci pan-genotipici che funzionano contro tutti i genotipi dell’Epatite C, che quindi permettono di curare con la stessa efficacia tutti i pazienti. Le loro caratteristiche sono innovative: sono farmaci di grande maneggevolezza perché non hanno effetti collaterali importanti, possono essere anche combinati con altri farmaci senza troppe interferenze; sono efficaci con brevissimi cicli di trattamento, di 8 o 12  settimane (con un enorme vantaggio dei centri di cura che hanno meno carico di lavoro e quindi possono aumentare il numero dei trattamenti) eliminando definitivamente il virus nel 95%-98% dei casi. Inoltre costano un decimo di quello che costavano all’inizio: oggi costano circa 4mila euro per un ciclo di terapia, contro i 40mila euro in passato. Oggi questo approccio terapeutico “più allargato” alla popolazione, indipendentemente dal grado di patologia raggiunto, permette di curare non più la malattia, ma l’infezione: l’approccio non è più solo di salute individuale (“ti curo perché sei malato”) ma anche di salute pubblica (“ti curo per non diffondere l’infezione”).

 

Infine, quali sono le prospettive per una eradicazione completa dell’Epatite C a livello nazionale e regionale?

 

L’eradicazione completa è un obiettivo troppo ambizioso quando la intendiamo come scomparsa definitiva del virus dell’Epatite C. Sicuramente le prospettive sono molto valide per un controllo della infezione con riduzione di oltre il 90% della diffusione di questa infezione, sia in termini di incidenza che di prevalenza. A livello nazionale e regionale noi siamo molto convinti che il nostro programma Regionale possa essere un esempio di “micro eliminazione del virus” cioè di una eliminazione in un territorio ben definito. L’Organizzazione mondiale della sanità auspica che ci siano programmi locali e decentrati di “micro eliminazione” che diventino veri e propri modelli da imitare. Noi abbiamo un approccio di “micro eliminazione” a livello regionale che potrebbe essere un ottimo modello da esportare a livello nazionale. Ne siamo fermamente convinti.