Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Decreto Amato) prevede, per la prima volta nel nostro ordinamento, l’introduzione dei fondi sanitari come enti destinati a perseguire finalità assistenziali integrative e complementari al Servizio sanitario nazionale.
Tutti i fondi, sia quelli istituiti dalle parti sociali o dalle aziende che poi si avvalgono nella stragrande maggioranza dei casi di polizze assicurative per garantire la sostenibilità dei loro Piani Sanitari, sia quelli istituiti direttamente dalle compagnie assicurative per la propria clientela, sono enti che statutariamente non possono perseguire scopi di lucro.
E’ importante sfatare, quindi, tre tabù che possono fuorviare chi studia questo settore, chiarendo che attualmente non esiste alcuna:
1) competizione tra fondi sanitari “no profit” e compagnie assicurative “for profit”;
2) dicotomia tra forme sanitarie collettive (“secondo pilastro”) e forme sanitarie individuali (“terzo pilastro”);
3) deregolamentazione rispetto alle polizze sanitarie. I fondi sanitari, istituiti in particolare dalle parti sociali o dalle aziende utilizzano quasi sempre polizze assicurative per garantire ai propri Assistiti il pagamento delle prestazioni oggetto dei propri piani sanitari.
Le stesse compagnie assicurative gestiscono la propria clientela collegata a gruppi omogenei (c.d. “collettive”, ad adesione obbligatoria o individuale) attraverso fondi sanitari che esse stesse, proprio in base al Dlgs 502/92 hanno direttamente costituito. I fondi sanitari nel loro complesso, a prescindere da chi li abbia istituiti, rimangono sempre enti no profit; tali enti, peraltro, non operano selezione del rischio perché tecnicamente operando in un ambito collettivo non ne hanno bisogno. Per quanto concerne invece la presunta dicotomia tra forme sanitarie collettive (“secondo pilastro”) e forme sanitarie individuali (“terzo pilastro”) è essenziale sapere che le polizze sanitarie individuali operano al di fuori del settore dei fondi sanitari e, quindi, anche della disciplina del Dlgs 502/1992.
Questo, tuttavia, non vuol dire che si tratti di prodotti deregolamentati, anzi. Le polizze sanitarie, come del resto tutti i prodotti assicurativi, sono soggette a una normativa assolutamente rigorosa e, ben più stringente di quella destinata ai fondi sanitari (cfr. direttive comunitarie in materia di assicurazione, codice delle assicurazioni e relativi Regolamenti attuativi).
Diversamente da quanto avviene nel settore dei fondi sanitari, che ad oggi hanno esclusivamente un mero obbligo di registrazione all’Anagrafe istituita presso il ministero della Salute, tutte le compagnie assicurative sono soggette alla vigilanza e al controllo dell’Ivass. Ne deriva, pertanto, che contrariamente a quanto diffuso nella vulgata corrente è proprio la vigilanza sulle compagnie che assicura i fondi sanitari a rendere attualmente sicura e solida la sanità integrativa. Le polizze sanitarie individuali, sono attualmente sottoscritte prevalentemente da tutti quei cittadini che non dispongono di un Fondo Sanitario collegato alla propria occupazione o che necessitano di livelli di copertura superiori a quelli garantiti dal proprio fondo sanitario di riferimento. Ai premi pagati direttamente dal cittadino per una polizza sanitaria è bene ricordare che, diversamente da quanto avviene per i fondi sanitari, non sono mai stati riconosciuti benefici fiscali ma anzi viene applicata una tassa del 2,5% sull’entità di ciascun versamento. Ciò nonostante le prestazioni assicurate dai fondi sanitari sono assolutamente identiche a quelle garantite dalle polizze individuali.
Fondi doc, fondi non doc e regime fiscale
Con il Decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Decreto Bindi) il quadro descritto ha subito una prima modifica attraverso la distinzione, nell’ambito del genus dei fondi sanitari (e, quindi, senza alcun impatto sulle polizze sanitarie individuali), dei fondi sanitari in fondi doc, aperti a tutti i cittadini, e i fondi non doc, attivabili esclusivamente attraverso contratti collettivi, accordi o regolamenti aziendali. A tali enti era stato riservato un trattamento fiscale più generoso proprio in ragione della operatività esclusivamente integrativa del Servizio sanitario nazionale. Ai fondi non doc, che possono erogare qualsiasi tipologia di prestazione sanitaria, invece originariamente era stato assegnato un beneficio fiscale più contenuto. Con i Decreti Turco prima, e Sacconi poi, dopo un lungo periodo fatto di deroghe annuali in sede di approvazione della legge finanziaria, ai fondi non doc è stato strutturalmente riconosciuto il medesimo regime fiscale dei fondi doc a condizione però che almeno il 20% delle proprie prestazioni sia di natura esclusivamente integrativa (cure odontoiatriche, prestazioni socio-sanitarie, etc.).
A causa del mantenimento dell’originaria limitazione di accesso ai fondi non doc solo il 55% dei lavoratori dipendenti già beneficiano di una forma di sanità integrativa a fronte di una percentuale di cittadini assistiti del 20%. Una riforma della sanità integrativa può schiudere importanti prospettive per il mantenimento della sostenibilità e della qualità delle cure per tutti i cittadini italiani. È fondamentale che questo percorso sia promosso a partire dagli effettivi bisogni delle persone abbandonando impostazioni anacronistiche che per anni non hanno consentito al nostro Paese, tra i pochi in Europa e tra i Paesi Ocse, di ribilanciare il proprio Sistema Sanitario su di un modello multipilastro. In questa prospettiva bisognerebbe riorientare la Sanità Integrativa a partire dai bisogni effettivi dei cittadini, collegando il campo di azione delle forme sanitarie integrative (fondi sanitari e polizze assicurative) all’intero perimetro della spesa sanitaria privata di tasca propria e non solo alla cosiddette prestazioni integrative. Si tratterebbe di recuperare una dimensione collettiva anche alla spesa sanitaria privata, per sua natura più iniqua e individualista, facendo funzionare il privato attraverso un sistema strutturato ed accessibile, come la sanità integrativa, in modo realmente sinergico con il Servizio sanitario nazionale, amplificando i pregi di entrambi.
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