Lì dove c’era il tumore, ora ci sono protesi in polvere di titanio, realizzate con una stampante 3D. È la frontiera della chirurgia ortopedica ricostruttiva in oncologia: una tecnologia che sa di futuro, ma che in realtà viene già applicata da qualche anno.
Made in Italy. “Il progetto delle protesi ottenute con stampanti 3D è italiano”, racconta a Oncoline Domenico Andrea Campanacci, direttore della Struttura Complessa di Ortopedia Oncologica e Ricostruttiva dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, uno dei centri di riferimento nazionali di ortopedia oncologica, nonché tra i primi, insieme al Rizzoli di Bologna, ad aver applicato la tecnologia di stampa 3D in oncologia per i tumori ossei. “Oggi la tecnica si è diffusa – continua l’esperto – e in Italia altri centri dove viene utilizzata sono l’Istituto Gaetano Pini di Milano, il Regina Elena di Roma, il CTO di Torino, la Clinica Ortopedica di Pisa e la Clinica Ortopedica di Padova”.
Visto, si stampi. In cosa consiste esattamente? In sintesi, parliamo di questo: attraverso una Tac e una risonanza magnetica vengono definiti i margini del segmento osteo-articolare da asportare e sostituire. Quindi, partendo da un modello in plastica, una speciale stampante 3D produce la protesi attraverso la fusione della polvere di titanio. “Parliamo di protesi per definizione custom made , cioè fatte su misura – ragiona Campanacci – perché sono costruite sulla base di un’accurata pianificazione pre-operatoria e delle immagini del paziente. Nel nostro centro, le protesi custom made stampate in 3D vengono utilizzate principalmente per le ricostruzioni del bacino e del cingolo scapolo-omerale, ma la tecnica può essere impiegata per ricostruzioni personalizzate in diverse situazioni cliniche e in tutte le sedi dello scheletro”.
Per i tumori ossei, sia primitivi sia secondari. I tumori primitivi dell’osso sono rari, rappresentano lo 0,2% di tutti i tumori maligni. Il più frequente è l’osteosarcoma, la cui incidenza si attesta tra 0,1 – 0,2 casi ogni 100mila abitanti, seguito dal condrosarcoma, dal sarcoma di Ewing e da altri meno frequenti.
A questi vanno aggiunti i tumori secondari, cioè tumori di altri organi che colonizzano, tramite metastasi, il sistema scheletrico. Ebbene, “in molti di questi casi – aggiunge Campanacci – che si tratti di tumori primitivi o secondari, può esserci la necessità di asportare un segmento osteo-articolare. Nei casi in cui è possibile conservare l’articolazione si ricorre ad altre tecniche, come i trapianti ossei provenienti dalle banche dei tessuti e da donatori, o innesti ossei autologhi vascolarizzati. Le protesi su misura stampate in 3D non vengono utilizzate solo in pazienti oncologici, ma rappresentano una soluzione ricostruttiva applicata sempre più di frequente nelle perdite di sostanza osteo-articolare a seguito di traumi o quando fallisce l’intervento con protesi articolari”.
Stampare vertebre. Discorso a parte meritano le vertebre. “Nel 2015 ho avuto per primo l’idea di stampare in 3D le vertebre toraco-lombari – racconta Alessandro Gasbarrini, direttore della Struttura complessa di Chirurgia vertebrale Oncologica e degenerativa dell’Istituto Rizzoli di Bologna: “Io e la mia équipe ci occupiamo della colonna, un campo particolarmente complesso della chirurgia ricostruttiva, perché c’è di mezzo il midollo. Il 40% dei nostri interventi è sui tumori primitivi, il 50% su metastasi, il restante 10% riguarda i casi di degenerazione o i traumi. Nella tecnologia delle vertebre stampate in 3D siamo tra le équipe con maggiore esperienza al mondo”.
Tutti i vantaggi del 3D. I vantaggi della tecnica di stampa tridimensionale in ortopedia ricostruttiva sono più d’uno. “Il primo è la riduzione dei tempi operatori che nel caso dei nostri interventi possono raggiungere le 10-12 ore”, spiega Campanacci: “Ridurre i tempi operatori permette di diminuire sensibilmente il rischio di infezione.. Con questa tecnica arriviamo in sala operatoria con protesi già pronte per essere impiantate, mentre nei trapianti ossei è necessario adattare il segmento osteo-articolare all’anatomia del paziente, e questo comporta un allungamento dei tempi”.
http://www.repubblica.it/oncologia/terapie/2017/09/25/news/tumori_dell_osso_cosi_le_protesi_si_stampano_in_3d-176473419/