Cruda, cotta, disidratata o in capsule? Ebbene sì, per molte donne uscite dalla sala parto, la placenta umana – l’organo temporaneo deputato agli scambi metabolici tra madre e feto durante la gestazione – torna a casa con loro per diventare un piatto, da cucinare nelle più svariate forme.
Una tndenza che è una moda negli Stati Uniti, dove aumentano le neomamme che fanno questa scelta. Ma nuove ricerche sottolineano che questa pratica, sempre più in voga tra le donne statunitensi, potrebbe non soltanto non apportare alcun beneficio alla salute, ma rivelarsi addirittura pericolosa.
I pericoli. Dopo aver analizzato differenti studi di tutto il mondo sulla cosiddetta placentofagia – consumo della placenta – i ricercatori invitano specialmente gli ostetrici a scoraggiare i loro pazienti a mangiare la placenta. Nel mese di giugno i Centers for desease control and prevention degli Stati Uniti hanno portato l’attenzione sul caso di un neonato che aveva contratto l’infezione da streptococco di tipo B – un batterio che può infettare a qualsiasi età, ma può diventare pericoloso nel neonato – dopo che la madre aveva consumato capsule di placenta contaminate da questa forma batterica. È stata la “prova solida che le capsule della placenta contaminate possono essere una fonte di infezione”, ha dichiarato Amos Grunebaum, ostetrico e ginecologo presso il New York-Presbyterian e Weill Cornell Medical Center di New York. L’invito ad evitare il suo consumo è soprattutto legato al fatto che, secondo gli autori dello studio, è difficile sradicare dalla placenta virus come l’Hiv, Zika e quelli legati all’epatite.
Parola di scienza. Il problema, secondo gli autori dello studio pubblicato sull’American Journal of Obstetrics and Gynecology, andrebbe ricercato nell’assenza di chiare linee guida o regolamenti sulla sicurezza del consumo di placenta, oltre che nella mancanza di leggi uniformi in materia di rilascio della placenta dall’ospedale – negli Stati Uniti ad esempio, gli stati consentono agli ospedali di stabilire individualmente le proprie regole. Secondo un sondaggio recentemente condotto negli Stati Uniti, è emerso che più della metà degli ostetrici e ginecologi non si sentivano abbastanza informati sui rischi e sui benefici della placentofagia. Ma adesso che il verdetto scientifico è arrivato, possono non temere più la domanda “fa bene o fa male mangiare la placenta?”. “La decisione di procedere o meno alla placentofagia dovrebbe basarsi su informazioni ed evidenze scientifiche, non su pensieri. Dobbiamo essere in grado di dire ai nostri pazienti cosa è giusto fare e cosa è sbagliato. E essere pronti a rispondere basandosi su quello che dice la scienza” continua Grunebaum.
Placentofagia come business. L’interesse per questa ‘tradizione’ diffusa tra gli animali – ma teoricamente assente nella cultura umana contemporanea – sta varcando i confini del mondo animale. Sono sempre di più le persone interessate a questa pratica. Solitamente le neomamme si avvalgono della placentofagia con la convinzione di avere benefici, come stabilizzare il proprio umore e velocizzare il recupero relativo al post-parto. Spostandosi nel tema ‘consumo della placenta’ vero e proprio, oltre al fai da te, sono ormai numerose le aziende che offrono la preparazione della placenta in capsule, ad esempio, per il consumo – il costo va dai 200 ai 400 dollari.
http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2017/10/13/news/neomamme_a_tavola_con_la_propria_placenta_fa_bene_o_male_-177371050/